Grazie di cuore … auguro a tante altre colleghe di poter vivere un’ esperienza così bella come l’abbiamo vissuta noi … con grande stima e affetto Meri.
Sin da bambina ho desiderato fare l’insegnante di
danza e proprio per questo mi ritengo una privilegiata, perché ho la fortuna di
fare questo “lavoro” che nasce e
continua ad essere la mia passione. Passione
che negli anni mi ha spinta sempre più a voler migliorare, seguendo corsi,
convegni e stage.
Ed è il continuo ricercare che mi ha portata a conoscere Marinella Santini con il “Giocodanza”.
Ed è il continuo ricercare che mi ha portata a conoscere Marinella Santini con il “Giocodanza”.
Avevo solo sette anni, quando mia sorella, vedendomi giocare con i miei due amici maschietti e creare le mie prime coreografie, costringendo loro a danzare con la promessa che poi avrei giocato a calcio, decise di iscrivermi a danza. Da allora ho iniziato un percorso intoccabile da tutto ciò che mi circondava, cercando di dare sempre il massimo per dare soddisfazione alle mie insegnanti (figure per me molto importanti).
Non ho mai desiderato fare la ballerina ma sempre
l’insegnante.
La vera motivazione era quella di trasmettere agli altri quelle che
erano le mie emozioni e poterle condividere … si condividere … per me questa è
la danza "vivere le mie emozioni attraverso il
movimento insieme agli altri".
Non ho mai vissuto questa arte meravigliosa da sola,
mai come unacompetizione. All'inizio insieme agli amici di gioco e alle mie
compagne di danza, aiutandoci l’uno con l’altra nei momenti di bisogno, oggi
insieme ai miei meravigliosi allievi e le mie colleghe.
In tutti questi anni ho visto molti cambiamenti nel
mondo della danza e uno di questi è proprio la competizione … perché fare delle
gare utilizzando l’arte? perché strumentalizzare e incattivire tutto
ciò che ci permette di vivere bene?
Penso che questa sarà una delle domande che mi porrò a vita, perché nessuno potrà darmi una risposta risolutiva. Premesso che non parlo di quella competizione costruttiva dove i giochi di gruppo permettono al bambino di superare quelle frustrazioni che fanno parte della nostra vita e, se accettate con coraggio e con determinazione, rappresentano un momento significativo per il rafforzamento della fiducia e dell’immagine di se, ma di quella competizione che io chiamo distruttiva, dove a dominare è un solo sentimento, quello di essere migliore dell’altro.
Penso che questa sarà una delle domande che mi porrò a vita, perché nessuno potrà darmi una risposta risolutiva. Premesso che non parlo di quella competizione costruttiva dove i giochi di gruppo permettono al bambino di superare quelle frustrazioni che fanno parte della nostra vita e, se accettate con coraggio e con determinazione, rappresentano un momento significativo per il rafforzamento della fiducia e dell’immagine di se, ma di quella competizione che io chiamo distruttiva, dove a dominare è un solo sentimento, quello di essere migliore dell’altro.
A tal proposito voglio citare un pensiero del grande
Nureyev nella sua famosa “LETTERA ALLA DANZA” dove dice: “ricordo una
ballerina Eléna Vadislowa, famiglia ricca, ben curata, bellissima. Desiderava
ballare quanto me, ma più tardi capii che non era così. Lei ballava per tutte le
audizioni, per lo spettacolo di fine corso, per gli insegnanti che la
guardavano, per rendere omaggio alla sua bellezza. Si preparò per due anni per
il concorso Djenko. Le aspettative erano tutte su di lei. Due anni in cui
sacrificò parte della sua vita. Non vinse il concorso. Smise di ballare, per
sempre. Non resse la sconfitta.
Era questa la differenza tra me e lei. Io danzavo perché era il mio credo, il mio bisogno, le mie parole che non dicevo, la mia fatica, la mia povertà, il mio "pianto". In queste parole, trovo il sunto di tutto quello che cerco di insegnare e far vivere ai miei allievi … la danza per quello che è realmente, cioè un’espressione che appartiene alla storia dell’uomo e della collettività fin dai tempi antichi, legata alla spiritualità, allo svago, allo scarico emozionale e al divertimento. Come si può vivere tutto ciò con la competizione?
Era questa la differenza tra me e lei. Io danzavo perché era il mio credo, il mio bisogno, le mie parole che non dicevo, la mia fatica, la mia povertà, il mio "pianto". In queste parole, trovo il sunto di tutto quello che cerco di insegnare e far vivere ai miei allievi … la danza per quello che è realmente, cioè un’espressione che appartiene alla storia dell’uomo e della collettività fin dai tempi antichi, legata alla spiritualità, allo svago, allo scarico emozionale e al divertimento. Come si può vivere tutto ciò con la competizione?
Fra le tante cose che ho apprezzato del GIOCODANZA è stata proprio la complicità e l’unione che si è creata nel gruppo.
Una maestra conosciuta solo di fama “Marinella Santini” e una ragazza laureata in scienze della comunicazione “Cristina Ocera” hanno fatto si che tutto diventasse unico nella sua forma, trasmettendo emozioni vere e facendoci riscoprire lati che ognuna di noi aveva accantonato, donandoci una carica e una marcia in più per portare avanti la nostra passione nel migliore dei modi.
Non è facile da adulti ritrovarsi con delle persone,
ma soprattutto con delle colleghe mai conosciute prima e aprirsi con tanta
naturalezza, per tutto ciò mi sembra doveroso ringraziare Marinella e Cristina che con la loro semplicità e la
loro preparazione sono riuscite a
regalarci veramente tanto, sia a livello formativo- professionale che a livello
umano.
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